RifLeggendo

L'autore racconta cosa c'è nel suo cuore e nella sua memoria, l'editore vende il racconto nel modo che gli sembra più adatto a quella storia o a quel pubblico, il lettore percepisce la storia secondo ciò che ha nel cuore e nella memoria. A volte lettore - editore - autore si incontrano per parlare del libro che non appartiene più a nessuno ma ha una vita sua. Mille riflessioni possono nascere dalla stessa lettura, uguali e contrastanti per questo le chiamo RifLetture che sono altro dalle recensioni. Chi recensisce giudica, io non sono all'altezza di giudicare ma sicuramente posso riflettere nelle letture: RifLeggendo condivido qui.

sabato 8 marzo 2014

Enneatipo 3 - il vanitoso Donne innamorate di D.H.Lawrence

Ho tardato molto a scrivere il terzo post sui nove enneatipi perché è un tipetto che mi fa venire rabbia. In realtà un tipetto simpatico, non posso nemmeno dire mi abbia fatto qualcosa ma quando sto con persone di quetsto enneatipo regolarmente dopo un po' sono arrabbiata. Sicuramente e un problema mio e non loro ma di fatto ho dovuto lavorare tanto (e ve lo dico ho concluso molto poco) per poter scrivere un post su questo tipetto di tutto rispetto.
Si parla di vanità e dal mio punto di vista ne viene fuori quanto segue (non dimenticate che è il mio punto di vista e non un trattato scientifico e sono anche un po' avversa).
La vanità può essere interpretata (o vissuta - perché noi interpretiamo in base a come viviamo) in due modi: 1) la passione per l'immagine di sé; 2) la passione nel vedere l'immagine di sé riflessa costantemente negli occhi degli altri. In generale possiamo considerare la vanità come il desiderio di apparire.  Il vanitoso non vive una dimensione temporale presente in cui si gode e si gusta l'esperienza ma vive perennemente in una dimensione temporale proiettata verso il futuro: fantasticando il momento del piacere della futura esperienza (che naturalmente non arriva mai). Infatti si può parlare di un pre-gustare più che di un gustare. Vivendo in una dimensione temporale inesistente (quella futura) è possibile considerarla una vita inconsistente (di cose che verranno nel futuro) mi domando io. In realtà non me lo domando, è ciò che penso. Oserei affermare che questa caratteristica denota un certo narcisismo (ma in fondo, nel bene e nel male, siamo tutti un po' narcisisti). Il vanitoso mente spesso su se stesso, o meglio, sulla sua immagine per accrescerne il valore. Mente senza consapevolezza perché in effetti si identifica con ciò che racconta, discostandosi dal sé reale. Questa mancanza di chiarezza sul sé reale lo fa fermare ad un senso del sé molto superficiale. Normalmente si identifica nel suo ruolo professionale e/o sociale. Nel percorrere la sua strada, sceglie il percorso che esalta se stesso e non il prossimo, tutto senza consapevolezza. Ma chi può avere queste caratteristiche? Direi nessuno. Certamente se io fossi così avrei due possibilità: 1) sono così ma non me ne rendo conto, sono inconsapevole e quindi non mi riconosco in questa modalità. 2) Sono io mi riconosco, mi succede spesso, mi comporto proprio così ma ... un momento ... se sono consapevole non posso essere io! Dunque non è nessuno. Che tristezza. Eppure sono persone così allegre, così compagnone, fanno bene alla comunità alzano il morale e anche l'autostima. Diciamo che hanno solo il difetto di mentire in continuazione ma attenzione a non giudicare troppo in fretta (a me fanno venire rabbia ma più per invidia che per giudizio!!). In fondo ciascuno di noi pecca in cuor suo di vanagloria e non dimentichiamo che tutto quello che facciamo per non essere vanitosi: è fonte di vanagloria, o no? Il nostro vanitoso in fondo mente a se stesso prima che agli altri cercando di apparire di più della schifezza che si sente. Poi si identifica in questo apparire di più e va avanti, perché si può andare avanti all'infinito. È come essere un tacchino e vivere nella città dei pavoni (questa frase l'ho rubata da uno dei libri che studio dell'enneagramma, è troppo bella). Devi fare una gran fatica per essere accettato da loro, questi pavoni belli, orgogliosi, pieni di piume ... certo se togli loro le piume della coda sono tacchini ma vallo a dire al tacchino! Un tacchino si sa è brutto e basta. Impara presto che il mondo è difficile: bisogna apparire molto, bisogna competere e bisogna vincere ad ogni costo. Non c'è tempo da perdere con la relazione umana e le emozioni! In compenso sa essere un abile motivatore, venditore e organizzatore (ti sembra niente?). Capita a volte, che alcune persone coinvolte nei progetti da un tipo tre, si sentano sfruttate. In realtà il tipo tre percepisce questo coinvolgimento come un legame di fiducia e stima. Se queste persone che si dissociano sono a lui care; lui si distacca emotivamente dal legame, altrimenti dal suo dolore nasce una rabbia troppo forte per essere contenuta. Risulta essere un carattere abbastanza numeroso nella nostra società. La preoccupazione più grande rispetto a un carattere di questo tipo, nasce da quei rari momenti in cui la persona si rende conto della sua superficialità nella relazione, nell'esistenza e cade nel baratro dell'inutilità, del vuoto emotivo ... ma non mi voglio addentrare in questo aspetto troppo profondo, meglio rimanere in superficie.
La maggior parte di questi tipi si ritrovano in qualche modo a ricoprire ruoli di estrema visibilità: attori, politici, imperatori, first ladies. Sono persone, o personaggi, che hanno una visione narcisistica dell'arte. Che vuol dire? Ci ho messo un po' a capirlo (e non sono sicura di averlo ancora compreso), sono persone che in realtà non sono appassionate di arte e non si emozionano con l'arte ma piuttosto sono vedono l'arte come un mezzo per emergere, per farsi notare, per fare carriera. La mia fatica con questo carattere ha fatto si che io non trovassi subito un personaggio che lo rispecchia ma mi ha portato a riguardare Donne innamorate di D. H. Lawrence nella traduzione di Adriana dell'Orto (l'ho letto e studiato nel 1993, lontanissimo 1993, che ricordi sereni!). Non so bene se sia il libro giusto ma essendo mie riflessioni posso sbagliare e chiunque può correggerle. Nella magnifica opera di Lawrence (opera che racconta umanamente l'umanità attraverso i suoi personaggi principali. Riesci quasi a sentire le loro voci o a respirare il loro odore e se non puoi sentirli puoi sicuramente immaginarli per quanto ti ci porta dentro). Che corrisponda o no, il brano che vi riporto è quello che a mio avviso descrive meglio l'enneatipo vanitoso e se qualcuno non è d'accordo farà bene a farmelo notare.

[cito da Donne Innamorate]


<<Quante buone cose da mangiare!>> esclamò Ursula. <<Mettici tu lo zucchero>> disse lui. Le porse la tazza. Tutte le sue stoviglie erano così eleganti, tazze e piattini di una tale grazie, con la patina di lustro color malva a disegni verdi, e armoniose ciotole e vassoietti di vetro, e cucchiaini antichi, su una tavola arabescata di grigio perla e nero e viola. Era tutto sontuoso e bellissimo. Ma Ursula vi scorse la mano di Hermione. 
<< Tutte le tue cose sono così belle!>> disse, quasi con rabbia. 
<<Mi piacciono. Mi dà un vero piacere usare oggetti che siano attraenti di per sé: oggetti piacevoli. E la signora Daykin è così buona. Per riguardo verso di me, pensa che tutto sia meraviglioso.>>
<<In effetti,>> disse Ursula <<le padrone di casa sono meglio delle mogli, di questi tempi. Sicuramente si prendono a cuore le cose molto di più. In questa casa, tutto è molto più bello e organizzato che se fossi sposato.>>
<<Però pensa al vuoto interiore>> rise lui.
<<No>> disse Ursula. <<Sono gelosa all'idea che gli uomini abbiano padrone di casa talmente perfette e abitazioni così belle. Non hanno più nulla da desiderare.>>
<<Per quanto riguarda il governo della casa, speriamo di no. È disgustoso che la gente si sposi per avere una casa.>>
<<Comunque sia,>> fece Ursula <<un uomo ha ben poco bisogno di una donna oggi come oggi, no?>>
<<Per quanto riguarda le cose esteriori, forse, se si esclude il fatto di dividere il suo letto e mettere al mondo i suoi figli. Ma sostanzialmente, esiste tutt'ora lo stesso bisogno di sempre. Solo che nessuno si prende la briga di badare alla sostanza.>>
Non sono sicura di aver reso l'idea con questa citazione e dunque provo con altre poche righe esplicative che si trovano quasi a fine testo.

[Citazione]

 Gli sembrava che Gudrun fosse in grado di bastare a se stessa, conchiusa e completa, come un oggetto racchiuso in una teca. Nella calma, statica ragione dell'anima sua, Gerald lo riconosceva e ammetteva che era suo diritto rinchiudersi su se stessa, in sé compiuta, senza desiderio. Se ne rendeva conto, lo ammetteva, e da parte sua sarebbe bastato solo un ultimo sforzo per attingere alla stessa computezza. Sapeva che gli sarebbe bastato un solo spasmo della volontà per riuscire a ripiegarsi a sua volta su se stesso, a chiudersi su se stesso come una pietra si fissa su se stessa ed è impervia, compiuta in sé, un oggetto isolato.
Mi sono venuti in mente Dorian Gray di Oscar Wilde o la Beatrice di Dante Alighieri ma non sono così preparata da parlare di tutti loro e sono sicura inoltre che ne troverò mille altri così

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