RifLeggendo

L'autore racconta cosa c'è nel suo cuore e nella sua memoria, l'editore vende il racconto nel modo che gli sembra più adatto a quella storia o a quel pubblico, il lettore percepisce la storia secondo ciò che ha nel cuore e nella memoria. A volte lettore - editore - autore si incontrano per parlare del libro che non appartiene più a nessuno ma ha una vita sua. Mille riflessioni possono nascere dalla stessa lettura, uguali e contrastanti per questo le chiamo RifLetture che sono altro dalle recensioni. Chi recensisce giudica, io non sono all'altezza di giudicare ma sicuramente posso riflettere nelle letture: RifLeggendo condivido qui.

giovedì 23 gennaio 2014

Espara ya estoy muerto de Julia Navarro

Questo libro lo sto ancora leggendo e non so se ne esiste una versione in italiano. L'autrice mi ha catturato come fece Cristina Morató e sono felice di condividerlo. Parla degli uomini e della umanità. Un argomento toccato da diversi autori sin da quando l'uomo ha cominciato a formulare i primi tentativi di pronunciare delle parole. Parole che servono a spiegare, a dare un senso a tutto, anche alla nostra umanità. Ho la sensazione che quello che succede è che lasciamo che il focus della nostra umanità si sposti di continuo su una materialità invasiva e a volte offensiva ma sicuramente lontana dal fulcro della vita. Si parla di lotte religiose, di guerre, di sentimenti di razzismo. Di accettazione del fatto che l'uomo è anche male. Tutti gli uomini lo sono! Un pensiero facile, io lo sto dicendo qui ma tutti lo hanno detto e tutti la conoscono questa frase, eppure quasi quasi sembra che tocchi sempre l'altro. Tutti la diciamo ma naturalmente in segreto tutti pensiamo che non ci riguarda perché ognuno di noi in cuor suo sa distinguere il bene dal male. Lo sa distinguere a 10 anni, a 20 anni, a 30 anni, a 40 anni .... e forse anche il giorno della sua morte. Come mai però questo sapere di dieci anni in dieci anni non coincide quasi mai? Chiedo scusa: per alcuni felici coincide, non cambia mai. Beati loro!
Comunque le mie riflessioni so che risultano abbastanza noiose e per alcuni fastidiose, per fortuna hanno il coraggio di dirmelo (Ecce homo).
Julia Navarro è scrittrice e giornalista insieme, un connubio che la rende davvero speciale, che le da una visione del mondo aperta e critica e che, per fortuna, ha pensato di condividere con il resto del mondo. Questo libro inizia parlando di Gerusalemme:
"Hay momentos en la vida en los que la única manera de salvarse a uno mismo es muriendo o matando"
[Traduco] "Ci sono momenti nella vita in cui per salvarsi si può solo scegliere se morire o uccidere"
Mi sembra un pensiero importante, capace di suscitare delle riflessioni. Ma non è niente rispetto all'argomento che affronta in questo romanzo, anzi mi permetto di dire agli argomenti. Non si tratta solo di una visione storica personale di questioni politiche internazionali, ma anche di  dare un nome al trascendente umano, che tanto trascendente poi non è:
"El viaje se le hizo eterno. Apenas lograban dormir por la noche en aquellas posadas  donde por ser judíos no siempre eran bien recibidos. En varias ocasiones incluso tuvieron que dormir al raso porque no les querían dar alojamiento. -¿En qué somos diferentes? - Le preguntó Samuel una noche a su padre mientras descansaban el uno junto al otro en una estrecha cama de un mísero hotel en Alemania."
[Traduco] "Il viaggio era eterno. In quegli alberghetti che li ricevevano di mala voglia solo perché erano ebrei, la notte a mala pena riuscivano a riposare. In alcune occasioni dovettero dormire alle intemperie perché non gli vollero dare alloggio. - In che siamo diversi? - Chiese Samuel una notte a suo padre mentre riposavano uno di fianco all'altro in un letto stretto di un misero albergo tedesco. 

Quando Samuel fa questa domanda ha dieci anni, è malato, ha bisogno di cure e riposo e caldo e sta tornando in Russia dove forse qualcosa di importante sta succedendo alla sua famiglia, sua madre, i suoi fratelli, sua nonna, tutti ebrei. "In che è diverso Samuel?". Il romanzo parla della questione palestinese a Gerusalemme, una questione senza fine, che riguarda il mondo intero, che tutti conosciamo. Ma che vuol dire che tutti conosciamo? Io non ho mai parlato con un palestinese o con un ebreo del posto. Quanto mi rendo conto veramente di cosa vuol dire la "questione palestinese a Gerusalemme"? Leggendo questo romanzo mi sto accorgendo che io, personalmente, in realtà non so nulla e non sono assolutamente in grado di valutare, né di giudicare. Sicuramente però è una questione che ha a che vedere con l'umanità, con il bene e il male che è dentro di noi, con il trascendente umano.
Qualcosa di molto umano è riuscire a discernere il nostro giudizio dalla realtà cosmica, dovremmo forse pensare a un multiverso e non a un universo. Ogni persona è un universo e ha diritto a vederlo, toccarlo, giudicarlo, viverlo ... ma sempre nel rispetto degli altri universi. È molto difficile staccarsi dal proprio pensiero e giudizio, anche per le stupidaggini, ad esempio quando non ci piace il nostro nome o per qualche motivo simbolico ci mette a disagio:
"- Marian / - ¿Marian? Vaya ... / - Es un nombre común. / - No se disculpe por llamarse Marian. / Sintió rabia. Él tenía razón, se estaba disculpando por su nombre, y no tenía un por qué."
[Traduco] "- Marian / - Marian? bene ... /  - È un nome comune. / - Non si deve giustificare perché si chiama Marian. / Le salí la rabbia. Aveva ragione, si stava scusando per il nome che portava, ma non c'era un motivo per farlo."
Non dobbiamo mai dimenticare che anche chi ci mostra le cose lontane da noi, in qualche modo sceglie per noi come raccontare il mondo. Osservare senza giudicare è una delle cose più difficili al mondo. Provate a osservare una persona in strada e a descriverla senza giudicarla, una persona che non conoscete. Descrivetela e prendete visione degli aggettivi che scegliete di usare se sono descrittivi o giudicanti. In fondo cosa è un ebreo? io sto provando a scoprirlo con Julia Navarro.

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