RifLeggendo

L'autore racconta cosa c'è nel suo cuore e nella sua memoria, l'editore vende il racconto nel modo che gli sembra più adatto a quella storia o a quel pubblico, il lettore percepisce la storia secondo ciò che ha nel cuore e nella memoria. A volte lettore - editore - autore si incontrano per parlare del libro che non appartiene più a nessuno ma ha una vita sua. Mille riflessioni possono nascere dalla stessa lettura, uguali e contrastanti per questo le chiamo RifLetture che sono altro dalle recensioni. Chi recensisce giudica, io non sono all'altezza di giudicare ma sicuramente posso riflettere nelle letture: RifLeggendo condivido qui.

lunedì 11 novembre 2013

Novecento di Alessandro Baricco

A parte il fatto che io adoro Alessandro Baricco e penso che se i professori all'università parlassero, interagissero, valutassero come lui saremmo tutti più contenti di studiare e saremmo tutti più preparati. Ho ancora la sensazione che la nostra sia una università un po' padrona che gestisca la crescita culturale del discente come una auto-proclamazione di sé (professore) piuttosto che come una condivisione di sapere. Naturalmente io non sono nessuno per giudicare i professori universitari ma mi sto solo permettendo di dire cosa penso e cosa mi sembra id vedere in giro, chiedo scusa.

Fatta questa premessa, Novecento è un libro che mi emoziona sempre tanto, ogni volta che lo leggo, ogni volta che lo ascolto a teatro. Un libro che ti racconta proprio di quel momento in cui non ce l'hai fatta, o ce l'hai fatta, a seconda del personaggio che ti investe e del momento della storia. Un monologo che racchiude in poche pagine una vita intera. La vita del musicista più bravo al mondo, il più bravo in assoluto: colui che scopri non ce l'ha fatta! Che paradosso vero? Il più bravo in assoluto ... è colui che nella vita non ce l'ha fatta. Quante corde fa suonare in ciascuno di noi questo argomento? Un monologo che ondeggia tutto il tempo nell'immenso oceano, nell'infinito oceano eppure: un microcosmo minuscolo. Piccolissimo. Nascosto. Rifugiato. Una lettura talmente liscia che fa cantilenare anche chi non sa leggere. Va da sola, non ti accorgi nemmeno che sei tu a leggerla perché i due protagonisti emergono, escono dal libro come se fosse un pop-up. Vi sembro di parte? Ebbene si, ve lo avevo detto che io adoro Alessandro Baricco. Se potessi dare un titolo a questo autore sarebbe: La mia letteratura illuminata e riscoperta.

Cito uno stralcio di monologo per dare, spero, a tutti l'idea della musicalità di questo libro e del suo ritmo jazz:

In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che l agente si porta addosso. Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava... Ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo a quella immensa mappa che stava disegnando nella testa, immensa, la mappa del mondo, del mondo intero, da un capo all'altro, città enormi e angoli di bar, lunghi fiumi, pozzanghere, aerei, leoni, una mappa meravigliosa. Ci viaggiava sopra da dio, poi, mentre le dita gli scivolavano sui tasti sui tasti, accarezzando le curve di un ragtime. // (parte in audio un ragtime malinconico) // Ci vollero degli anni, ma alla fine, un giorno, presi il coraggio a quattro mani e glielo chiesi. Novecento, perché cristo non scendi, una volta, anche solo una volta, perché non lo vai a vedere, il mondo, con gli occhi tuoi, proprio i tuoi. // [...] // Fu d'estate, nell'estate del 1931, che sul Virginian salì Jelly Roll Morton. Tutto vestito di bianco, anche il cappello. E un diamante così al dito. Lui era uno che quando faceva i concerti scriveva sui manifesti: stasera Jely Roll Morton, l'inventore del jazz. Nn lo scriveva così per dire: ne era convinto: l'inventore del jazz. Suonava il pianoforte. Sempre un po' seduto di tre quarti, e con due mani che erano farfalle. Leggerissime. Aveva iniziato nei bordelli a New Orleans. e l'aveva imparato lì a sfiorare i tasti e accarezzare note: facevano l'amore, al piano di sopra, e non volevano baccano. [...]

Sarà che New Orleans, la vecchia New Orleans, quella che non esiste più, quella che per fortuna io sono riuscita a vedere, dove mi sono addirittura persa terrorizzando mio fratello, sarà che il jazz e New Orleans per me sono dei bei ricordi, sarà ... ma questo libro mi piace tanto. Questo uomo che vive una vita in cui non esiste tempo e quindi nemmeno spazio, esiste solo un eterno momento e quando decide di mettere la testa fuori e affacciarsi nel tempo e nello spazio  .... bé leggetelo da soli e fatemi sapere. Sarò felice di ascoltare le parole di qualcuno a cui non è piaciuto, sarebbe il primo.

Un uomo che descrive il mondo intero senza averlo mai visto, ma vi convince e se andate a controllare scoprite incredibilmente che è vero. Allo stesso modo in cui il contadino gli racconta l'oceano:

"è come un urlo gigantesco che grida e grida, e quello che grida è: 'banda di cornuti, la vita è una cosa immensa, lo volete capire o no? Immensa'"

Ed è per questo che novecento ha deciso di scendere quei tre scalini ... immensa. Bello. Bello dall'inizio alla fine.

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